3 Novembre 2012
È ORA CHE LA BASILICATA TORNI A FARE LA BASILICATA

Uno studente meridionale su cinque (ben 24.000) ogni anno va via decidendo di iscriversi in un ateneo del Centro-Nord Italia. Sono i tristi dati di un lavoro dell’Ufficio studi dell'Istituto per ricerche e attività educative (I.P.E.) sui flussi migratori degli studenti universitari in Italia, basata su dati del Ministero dell'Istruzione.
I migliori laureati poi (circa 18.000 all’anno), secondo dati SVIMEZ, trovano lavoro e si trasferiscono al Settentrione. Ogni anno il Sud Italia perde i suoi giovani migliori.
Risulta scarsa la capacità degli atenei meridionali di attrarre studenti, tranne alcuni casi: le Università dell'Abruzzo con una percentuale di iscritti di altre regioni del 47%, in Molise del 43% e in Basilicata del 20%. I tassi di uscita però vanificano tutto: in Basilicata si supera il 70%. Bisogna poi considerare che ogni anno oltre 3.000 lucani lasciano la Regione e, al 2011, la popolazione residente ammontava a 579.251 unità.
È ora che la Basilicata torni a fare la Basilicata”. Così il Presidente Regionale di Coldiretti Basilicata Piergiorgio Quarto commenta i dati resi noti ieri. “La nostra Regione deve recuperare la sua cultura rurale, le sue tradizioni, e su questo ricominciare a costruire il suo futuro, fatto di un’agricoltura di eccellenza, di artigianato, di turismo. Il resto non ci appartiene. Il sistema scolastico deve accompagnare questo processo, non rallentarlo o renderlo vano”.
Oggi la maggioranza dei giovani italiani, a differenza delle generazioni che li hanno preceduti, non sogna più un lavoro nell’ufficio di una banca, magari in una grande metropoli, ma vorrebbe invece gestire un agriturismo in piena campagna. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti/Swg, che evidenzia l’affermarsi tra i più giovani di una nuova cultura del cibo, dell’ambiente e in generale della qualità della vita.
Da almeno dieci anni in Italia aumentano i giovani agricoltori, con un incremento del 4,2% nel numero di imprese individuali iscritte alle Camere di Commercio nel secondo trimestre del 2012. Oggi nel nostro Paese sono attive ben 62.000 imprese condotte da giovani con meno di 30 anni (un migliaio in Basilicata) che, secondo l’indagine Coldiretti/Swg, nel 36,5% dei casi hanno una scolarità alta (specializzato, laureato, laureando), nel 56% media (scuole superiori) e nel 6,5% bassa (scuole medie).
Purtroppo però le giovani imprese hanno scarse possibilità di accesso al credito” afferma Angelo Milo, Direttore Regionale di Coldiretti Basilicata, “e occorre investire in intelligenti attività di accompagnamento alla progettazione, adeguati meccanismi di assistenza allo start up, filiere corte di accesso al credito gestiti dai confidi come Creditagri Italia”.
I giovani imprenditori agricoli sono poi più sensibili alla sostenibilità ambientale, alla multifunzionalità, e propensi a mettere in campo attività che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla loro vendita in azienda o nei mercati degli agricoltori, ma anche della fornitura di servizi alla pubblica amministrazione come i contratti realizzati da molti comuni per la cura del verde pubblico che spesso viene affidata agli agricoltori.
E ci sono i nuovi mestieri del gusto, che aprono opportunità per almeno centomila nuovi posti di lavoro in Italia nei prossimi tre anni. Dall’agrigelataio al sommelier della frutta, dall’affinatore di formaggi al birraio a chilometri zero, dal personal trainer dell’orto all’assaggiatore di miele, grappe, olio, dal food blogger sul web al lavoro nei mercati e nelle Botteghe degli agricoltori di Campagna Amica. 
La crescente attenzione alla qualità dell’alimentazione ha favorito la nascita di nuove ed importanti opportunità occupazionali”, conclude Milo, “e la nostra Regione deve imboccare la strada di un nuovo modello di sviluppo che trae nutrimento dai punti di forza che sono il nostro territorio, la creatività e l’innovazione nella tradizione che sono elementi non delocalizzabili. E’ nella capacità di trasferire nei nostri prodotti e nei nostri servizi il valore materiale e immateriale della distintività lucana e nel rafforzare il nostro saper “fare rete” che troveremo la forza e l’autorevolezza per conquistare la giusta capacità competitiva”.